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3 May 2024
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STORIE di Gianni Farina

Grazie di cuore a chi mi ha sostenuto per realizzare le speranze dei nostri connazionali in Svizzera ed in Europa

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La vittoria ha mille poeti. La sconfitta è muta

Termina oggi il mio mandato in parlamento. La comunità italiana in Svizzera senza rappresentanti del Partito democratico

Prima o poi accadrà, mi dicevo. Eppure, non ho ascoltato il sussurro della saggezza, il suo invito a ridiscendere dalla vetta ove ero salito 12 anni or sono con la baldanza di voler cambiare il destino di tanti milioni di connazionali grazie al mio impegno nel parlamento repubblicano in cui sognai di portare la voce della diaspora la cui storia è ricchezza e vanto della nostra Patria.

Già: prima o poi accadrà. La comunità italiana in Svizzera non avrà più suoi rappresentanti del Partito democratico in parlamento. E ciò grazie agli intrighi degli uni e le sfrenate ambizioni (sei candidati svizzeri su dodici) degli altri. Chi ha giocato a incoraggiare fatui rinnovamenti e a dividere, ha vinto. La straordinaria comunità italiana nella Confederazione Elvetica, ha perso. Avevo – voce nel deserto – ammonito del pericolo e avrei dovuto comprendere che la sfida era invalicabile al viandante solo e sperduto nell’ascesa alla vetta ove avrebbe di nuovo sventolato il tricolore riscattato dai suoi padri nel tempo antico della ritrovata libertà.

La solitudine di chi è stato derubato della possibilità di far sentire la sua voce agli oltre due milioni di elettori chiamati ad eleggere i propri rappresentanti nel parlamento della repubblica.

Una sfida immane. Che ha lasciato spazio alle cordate milionarie, anche all’interno del Partito Democratico, prive di ideali e valori forti, se non i loro visi platinati e accattivanti come le sirene a cui Ulisse seppe resistere nel lungo viaggio di ritorno verso Itaca.

L’unica vera garanzia democratica, la possibilità dell’invio dei programmi, o dell’attività svolta, a costi popolari (5 centesimi) ha, di fatto, tolto il diritto alla “pari dignità” tra le liste in competizione nonché tra i singoli candidati al loro interno.

Tutto diventa possibile, anche che uno/a sconosciuto/a affidato/a al messaggio mediatico ti asfalti e sotterri, nel terreno ove tu hai operato per decenni, sotto un cumulo di preferenze individuali della cui validità morale e politica, sarebbe necessario riflettere per trovare i correttivi.  (Viva il collegio uninominale!) Non è un caso che, per la prima volta, la Corte d’Appello a Castelnuovo di Porto abbia bloccato, non si sa sino a quando, lo scrutinio per una verifica più accurata dei risultati di ogni seggio.

Ho, in ogni modo, perduto. Nella consapevolezza che in ogni cosa c’è sempre un dopo.

E il giorno seguente ho potuto guardarmi allo specchio con l’orgoglio della splendida battaglia elettorale condotta in ogni parte del continente. Certo, a mani vuote.

Con l’angoscia della solitudine, come la visse Ettore in fuga sotto le mura, incalzato dalla belva achillea, benedetta dagli Dei, nel leggendario racconto di Omero.

Hanno vinto i visi pallidi, i loro soldi, la loro protervia, i pateracchi, le cordate senz’anima.

E d’altronde, già in gioventù andavo al cinema sperando, ogni volta, (sognatore!) che vincessero Nuvola Rossa,  Geronimo, Toro Seduto, i pellerossa nella lotta a difesa del suolo natio.

È finita con l’effimera gioia di qualche servo e triste maggiordomo, unicamente ricco di una sua eterna mediocrità, che ha invaso per settimane il web al servizio dei suoi nuovi e vecchi padroni.

Di lui – o loro – non mi curo.  Hanno pur diritto a qualche attimo di gioia per l’astio e l’invidia accumulati nel corso di lunghi dodici anni.

Penso alla tristezza di Antonio/a, Giulio, Luigi, Angelo, Fernando, Paolo, Carmelo, Rosario, Mario, Santo e tanti altri ancora che per un certo riserbo non vorrei citare.

Immagino i loro volti mentre ascolto la loro voce tremante per l’incredulità dell’evento.

Hanno dato per settimane il meglio di cui sono stati capaci.

Organizzato gli eventi, distribuito le poche migliaia di flyers in loro possesso, chiamato a raccolta gli amici, i conoscenti.

Non è bastato. Non poteva bastare.

Come non basta il pur eroico, lento ritorno della tartaruga Caretta caretta al suo mare, dopo aver sepolto le uova nell’urna della spiaggia democratica, per sfuggire alle reti del malvagio pescatore (di voti) che pone fine al suo infausto destino.

Oggi è un giorno triste.

Domani si ricomincia con più lena e passione di prima.

Per il rispetto e l’affetto che nutro verso questa straordinaria comunità di cittadini e cittadine della nostra Patria in Italia e nel mondo.

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