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30 April 2024
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STORIE di Gianni Farina

Incontri di viaggio

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È una strana sensazione fermarsi a Chiasso, osservare due ragazzi appollaiati sulla banchina in attesa di un treno che li porti chissà quando e chissà dove.
Ricordo altri momenti: il gelo, ancor più viscido e penetrante, quando e rattristato dalla bruma di un mattino degli anni cinquanta sessanta tempo in cui, forse, i nonni di quei due giovanetti cercavano il loro paradiso al confine della terra dei Confederati elvetici.
Ho ricordato la scena in tante mie storie: il viso incancrenito, incartapecorito, di giovani già vecchi.
Gli occhi di una tristezza infinita aperti sull’orizzonte del nulla, forse alla ricerca di quel mare in cui avevano scorto la vaporiera che portava gli emigrati verso le terre delle Americhe e dell’Oceania. Un’ammucchiata di fagotti ove accatastare le loro uniche ricchezze di figli nati ove, come disse Carlo Levi, Cristo si fermò a Eboli stanco del viaggio lungo le vie della disperazione.
Venivo da Como, dopo aver partecipato ad un convegno sui problemi dei trans-frontalieri.
Il tema è, naturalmente, di stretta attualità.
Il recente referendum in Ticino sulla preferenza indigena in materia di assunzioni – prima i nostri – ci dice come, anche nel secolo della globalità tecnologica, possano esserci fenomeni di sfruttamento e conseguenti reazioni di lotta tra i poveri anche alle nostre porte e persino in regioni tra le più sviluppate e civili della nostra Europa. Sarà quel desiderio che mi porta a cercare nell’intimo di ogni persona i segreti dell’ animo e della sua collocazione nella società rifuggendo dalle ideologie massificanti, una contraddizione mai risolta in rapporto alla mia storia di militante del più grande partito della sinistra italiana, o forse no, se pensiamo al grande sardo, ad Antonio Gramsci, alla sua tragica e immensa storia, al suo scavare dentro ogni animo umano pe capire le scelte di vita di ognuno nel corso di un tragico periodo del novecento italiano.
Quei due giovanetti mi sembravano un’ accattivante calamita per iniziare un discorso, capire cosa sta accadendo, ricostruire un percorso che eviti i drammi del passato.
Peccato. Non ho tempo. Tra pochi minuti, l’ex Cisalpino, in attesa che una “freccia rossa confederata” possa sfrecciare sotto il massiccio della grande montagna per la navetta Zurigo Milano e ritorno, sarà in stazione.
Mi soccorre il gracchiare di un annuncio di ritardo -15 minuti – per iniziare un approccio.
Scusate, ho percepito il linguaggio, una preoccupazione, un interrogarsi su da farsi. Inizia così il mio dire mentre il pensiero va a quella vecchietta eternamente in attesa sulla sua carrozzella nella hall della stazione centrale di Zurigo, avvolta in quelle misere coperte multicolori a proteggere le stanche ossa, tanto stanche da apparire rigide e mute ai persistenti colpi di una tosse assassina.
Anche con lei cercai un approccio, volli capire il perché di una eterna attesa nel formicolio cosmopoliti della città sulla Limmat. Ma lei non rispose se non con quel suo viso sul quale tutto era già scritto: l’emigrazione, la vana speranza, la separatezza, l’attesa per eternità.
Veniamo dalla Calabria. Siamo in viaggio per la Germania ove vive un nostro cugino. Nel dire, mi mostrano un foglietto scolorito ove, a malapena, si può leggere un nome di città e un pezzo di via su cui occorrerà costruire una ipotesi per raggiungere la meta.
Ambedue vittime di un percorso educativo e professionale interrotto. Le scuole dell’obbligo e alcuni tentativi di creare un cammino virtuoso. Il fallimento. La scelta di partire.
Alle spalle, un ammasso di fallimenti e separazioni parentali.
Antonina e Francesco raccontano il loro primo tratto di vita vissuta. Ed è come se parlassero dei loro nonni bis, tanto il mondo non è cambiato in una parte del nostro Paese.
Un biglietto di viaggio particolare valido per alcuni notturni che impedirebbe l’acceso all’intercity.
Mi offro per aiutarli.
Accettano pur con una certa ritrosia figlia di un’orgogliosa gioventù.
Siamo a Zurigo.
Ragazzi, è l’ora di cena, se non vi dispiace, potrei stare con voi. Il primo treno per Singen partirà nel primo mattino del giorno che verrà. Alla fine, estraggo un cartoncino da visita nascosto da un modesto contributo per il viaggio.
È un prestito, ragazzi!
Sono parte di quei cento, centocinquantamila che hanno abbandonato il bel Paese nel corso dell’anno.
Alcuni ricchi di grandi professionalità. Altri, nudi alla meta.
Chissà cosa penseranno quando leggeranno lo scritto, On. Gianni farina.
Buona fortuna, cari ragazzi. Se il fato vorrà.

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