Giornata internazionale della donna
“Tremate, le streghe son tornate” era solo uno slogan che identificava, nel movimento femminista del secolo scorso, il piglio deciso che le donne volevano adottare per emanciparsi. Streghe eravamo e streghe siamo rimaste? Non proprio.
Si è smesso di manifestare e non si bruciano più i reggiseni; un pezzo di rivoluzione è stata fatta, Samantha Cristoforetti è un idolo a cui ambire, Angela Merkel in prima linea ma anche Michelle Obama dietro le quinte, hanno sdoganato cariche impensabili fino a qualche decennio fa. Eppure le streghe ci sono ancora, sono le donne che non fanno scelte comuni, di consuetudine generazionale, sono quelle che preferiscono negare lo stereotipo più radicato, quello per cui si ha il ruolo principale in natura: le streghe che non vogliono figli.
La qualifica mefistofelica non è così esagerata se pensiamo a quante giustificazioni vengono richieste ad una donna, sana e fertile, che non vuole avere una prole per scelta. “Quando lo fai un figlio?” è una domanda di rito dopo i 35 anni che viene regolarmente posta aspettandosi una risposta che tanto scontata non è. E c’è sempre una sorta di delusione, uno sguardo indagatorio come se la risposta negativa nascondesse problemi di salute o problemi di coppia da non voler trapelare. Secondo insindacabili giudizi favorevoli o contrari, anche questa è una scelta che deve essere inserita nel percorso di emancipazione senza condanne, senza giudizi a priori. Evitando di catalogare donne di serie A, sposate e mamme, e donne di serie B, single o senza figli. Perché no, non c’è nulla che “non va” in una donna che non se la sente di concepire, è un diritto di scelta come un altro. Magari è una rinuncia anche sofferta e ponderata, comunque controcorrente, ma da rispettare. Anche in questo caso, per le streghe 2.0 i roghi non vanno più di moda.
Gloria Bressan