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1 May 2024
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“L’Italiano è tra i migliori laboratori di creazione linguistica”

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Note di ringraziamento a margine del Convegno di presentazione del volume Lezione di italiano di Francesco Sabatini, Presidente onorario dell’Accademia della Crusca

È stato con grande piacere che circa un mese fa ho ricevuto l’invito di Mario Pingitore, presidente di Circolo Culturale Sandro Pertini di Dietikon, in occasione della presentazione del libro di Francesco Sabatini Lezione di Italiano, edito quest’anno da Mondadori. La presentazione, alla presenza dell’Autore, è stata svolta da un terzetto di studiosi di rango della lingua italiana, Michele Loporcaro, Lorenzo Coveri e Ugo Cardinale, coordinati dal dott. Vincenzo Faraoni, giovane ed appassionato studioso.
Per me, giunto da poco a Zurigo, alla dirigenza del Liceo Vermigli, ed ormai da anni forzatamente lontano dalla materia, è stata l’occasione per conoscere la bella ed efficiente struttura presso la sala del Centro Parrocchiale St. Agatha, e soprattutto per ricordare antichi amori, fondamentali per la mia educazione sentimentale, per usare il celebre sintagma di Flaubert.
Grazie alla gentilezza e all’affabilità del Prof. Francesco Sabatini e del Prof. Cardinale, ho percepito di nuovo il profumo delle piante del parco della Villa Medicea di Castello, dove per un anno intero, in Crusca, mi sono occupato della frequenza della parola amore nei testi poetici anteriori al ‘300. Sono riaffiorati così i volti e le parole dei maestri che sono la radice della mia formazione universitaria: Domenico De Robertis, che mi ha fatto penare durante 4 “disperatissimi” anni di tesi, insegnandomi pazientemente il rigore dell’oggettività filologica; Arrigo Castellani, che mi ha fatto comprendere come, parafrasando Ungaretti, ogni parola fosse scavata in noi come un abisso; d’Arco Silvio Avalle, geniale, istrionico e avventuroso studioso di filologia romanza, amatissimo dai suoi studenti che percepivano le sue lezioni come un evento irripetibile; Giovanni Parenti, Giuliano Tanturli e Ivanos Ciani, collaboratori di De Robertis, amici solidali e disponibili; l’inquieta Rosanna Bettarini, Alessandro Perosa, elegante nei modi e nello spirito. Ed infine Valentina Pollidori, mia amatissima compagna di corsi, poi ricercatrice presso l’Accademia della Crusca diretta da Giovanni Nencioni, prima che arrivasse il Prof. Francesco Sabatini. Persone di valore, che mi hanno costruito accademicamente, ma anche spiritualmente ed emotivamente; le ricordo tutte con affetto e nostalgia, rammaricandomi di non aver saputo recepire da loro più di quanto io abbia saputo fare. Adesso non ci sono più, ma spero che da qualche parte, lassù, guardino con benevolenza questa mia avventura zurighese.
Il libro del Prof. Sabatini, Lezione d’Italiano, che definirei romanzo della lingua, è un’eccellente opera divulgativa che dovrebbe essere usata nei Licei, se solo la scuola italiana avesse un po’ di coraggiosa capacità d’immaginazione per andare oltre i rigidi programmi ministeriali: riflettere sulla lingua significa prendere coscienza delle proprie capacità cognitive, e dare un nome alle cose, il ché, in sostanza, significa conoscerle. Il concetto esprime la convinzione che la lingua, come azione conoscitiva, sia un’attività prettamente umana. Concetto antico questo, antichissimo, presente già nella Genesi: “Dio, il Signore, avendo formato dalla terra tutti gli animali dei campi e tutti gli uccelli del cielo, li condusse all’uomo per vedere come li avrebbe chiamati, e perché ogni essere vivente portasse il nome che l’uomo gli avrebbe dato. L’uomo diede dei nomi a tutto il bestiame, agli uccelli del cielo e ad ogni animale dei campi” (Genesi 2:20-21). La capacità di conoscere ed intelligere, il nous che Dio ha fornito all’uomo con il soffio vitale, rendendolo a sua immagina e somiglianza, è kantianamente il “sistema operativo residente” nell’uomo già alla nascita, e dare il nome (la lingua nelle sue manifestazioni sensibili grafiche e foniche), è il risultato di questo atto creativo, rendendo questo sistema “auto-strutturante”.
Un linguista e semiologo ginevrino, Ferdinand de Saussure, parlava di Langue e parole, vale a dire di sistema comune del linguaggio, e atto creativo individuale.
Questo era un concetto su cui insisteva solennemente d’Arco Silvio Avalle, che poi, strizzandoci sornionamente l’occhio, aggiungeva; “Sì, sì. Noi grammatici e linguisti possiamo fare tutte le grammatiche che vogliamo. Ma poi la lingua fa quello che vuole”. Quindi la linguistica non dovrebbe essere solo come l’hegeliana nottola di Minerva, che si limita a spiegare la realtà, ma anche un incitamento ad un uso creativo ed intelligente del proprio patrimonio linguistico/culturale. Solo in questo modo una lingua può essere considerata viva.
L’Italiano è certo tra i migliori laboratori di creazione linguistica della storia umana.
Come insegnante di italiano prestato alla filosofia, vorrei un giorno avere la possibilità di poter accompagnare i miei ragazzi alla scoperta dell’ultima pagina de La cognizione del dolore di quel creativo ingegnere della lingua italiana che risponde al nome di Carlo Emilio Gadda, quando il gallo, all’alba, “improvvisamente, la suscitò dai monti lontani, perentorio ed ignaro, come ogni volta. La invitava ad accedere e ad elencare i gelsi, nella solitudine della campagna apparita”.
Ringrazio i relatori del convegno e Mario Pingitore che mi ha invitato. Ringrazio particolarmente il prof. Francesco Sabatini per avermi ricondotto ai miei anni più verdi, pregandolo, da parte mia, di salutare di miei insegnanti Nicoletta Maraschio e Andrea Dardi, e… di portare un “bacione a Roma e Firenze”.

Alessandro Sandrini
Preside del Liceo Vermigli di Zurigo

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